L’area dove oggi sorge il Memoriale della Shoah di Milano originariamente era adibita alla movimentazione dei vagoni postali, e tra il 1943 e il 1945 fu il luogo in cui migliaia di ebrei e oppositori politici furono caricati su vagoni merci, trasportati al sovrastante piano dei binari. Una volta posizionati alla banchina di partenza venivano agganciati ai 20 convogli RSHA diretti ad Auschwitz- Birkenau, Mauthausen e altri campi di sterminio e di concentramento, o ai campi italiani di raccolta come quelli di Fossoli e Bolzano, “per la sola colpa di essere nati” o perché dissidenti politici.
Il 6 dicembre 1943 partì il primo convoglio di prigionieri ebrei (169 persone, ne tornarono 5), il 30 gennaio 1944 il secondo, entrambi diretti ad Auschwitz-Birkenau. Soltanto 22 delle 605 persone deportate quel giorno sopravvisse. Tra di loro Liliana Segre, allora tredicenne, che benché così giovane sopravvisse all’amatissimo padre.
La Fondazione Memoriale della Shoah di Milano è nata con lo scopo di realizzare un luogo di memoria e incontro negli spazi sottostanti alla Stazione Centrale di Milano.
Tra tutti i luoghi che in Europa sono stati teatro delle deportazioni, oggi il Memoriale è il solo ad essere rimasto intatto. Esso rende omaggio alle vittime dello sterminio e rappresenta un contesto vivo e dialettico in cui rielaborare attivamente la tragedia della Shoah. Un luogo di commemorazione, quindi, ma anche uno spazio per costruire il futuro e favorire la convivenza civile. Il Memoriale vuole essere, infatti, un luogo di studio, ricerca e confronto: un memoriale per chi c’era, per chi c’è ora ma soprattutto per chi verrà.
Il memoriale è stato progettato, pensato e diretto dagli architetti Guido Morpurgo e Annalisa de Curtis e inaugurato il 27 gennaio 2013. Dal 2015 è diventato sempre più popolare e a inizio 2021 ha ospitato oltre 130.000 studenti e decine di migliaia di visitatori.
L’intero progetto del memoriale parte dall’assunto che un luogo come il memoriale debba rimanere il più identico possibile a se stesso, riportandolo alla sua forma iniziale, con materiali interamente inerenti al luogo (ferro, cemento, sassi, vetro – il vetro in particolare diventa simbolo del voler vedere/esporre la tragedia dell’Olocausto e il ruolo che il Binario ha avuto in questa, per quanto scomodo questo sia stato). Il luogo è silenzioso, vuoto, freddo. L’architettura è l’unico linguaggio possibile per portare il visitatore attraverso un viaggio emotivo lungo un percorso guidato. L’unico rumore è quello dei treni che sferragliano nella stazione sopra le nostre teste; nel memoriale c’è il freddo che oggi come allora accoglievano i deportati; e c’è il buio e la luce soffusa che intimorivano i prigionieri. Nel Memoriale oggi si rivive il passato.
Struttura del memoriale
All’ingresso, sull’atrio si trova la prima installazione del memoriale, il muro dell’indifferenza: a simboleggiare l’indifferenza dei cittadini alle leggi per la difesa della razza del 1938 che crearono un muro di fatto tra membri della stessa società. Secondo Liliana Segre è proprio l’indifferenza che ha permesso alla Shoah di esistere ed è questo il filo conduttore di tutta la visita al memoriale.
L’indifferenza è più colpevole della violenza stessa. È l’apatia morale di chi si volta dall’altra parte: succede anche oggi verso il razzismo e altri orrori del mondo. La Memoria vale proprio come vaccino contro l’indifferenza. – Senatrice a vita Liliana Segre
Dall’atrio si accede all’osservatorio, che è una ferita nello spazio del memoriale per raccontare cosa devono aver provato le persone che arrivavano qui sui carri, solitamente dal carcere di San Vittore. Nell’osservatorio si proietta un filmato dell’Istituto Luce che, illustrando l’utilizzo originario dell’area e il funzionamento del montavagoni, permette di comprendere come quest’area nascosta al pubblico fu requisita dall’occupante nazista nel settembre 1943 e adibita fino alla liberazione, nel 1945, alla formazione dei treni speciali destinati alla deportazione. Sotto la passerella si trova una simbolica “aiuola di pietre” che rimanda sia ai binari del treno, sia all’usanza ebraica di posare una pietra in memoria dei defunti.
Dall’osservatorio si passa alle stanze delle testimonianze, che contengono le storie dei sopravvissuti, per sottolineare l’umanità delle vittime, che erano e rimangono prima di tutto persone e non solo numeri. Tra i sopravvissuti che sono partiti dal Binario 21 ci sono Liliana Segre (tra le fondatrici del Memoriale della Shoah di Milano), deportata ad Auschwitz il 30 gennaio 1944, che è la più giovane sopravvissuta partita proprio da questa stazione nonché una dei soli 25 bambini italiani di età inferiore ai 14 anni sui 776 che furono deportati ad Auschwitz.
Arrivati alla Stazione Centrale, la fila dei camion infilò i sotterranei enormi passando dal sottopassaggio di via Ferrante Aporti; fummo sbarcati proprio davanti ai binari di manovra che sono ancora oggi nel ventre dell’edificio. Il passaggio fu velocissimo. SS e repubblichini non persero tempo: in fretta, a calci, pugni e bastonate, ci caricarono sui vagoni bestiame. Non appena un vagone era pieno, veniva sprangato e portato con un elevatore alla banchina di partenza. – Senatrice a vita Liliana Segre
E si arriva così alla parte sicuramente più toccante del memoriale, il cosiddetto binario 21, dove i vagoni aspettavano ebrei e prigionieri politici per portarli ai campi di transito, di concentramento e di sterminio. I vagoni sono autentici e restaurati ma nonostante questo ci è ancora impossibile immaginare l’orrore di quel viaggio: 1250 km separano Milano da Auschwitz, quasi 7 giorni in cui 80 uomini, donne, bambini e anziani rimanevano schiacciati in ogni vagone (normalmente adibito al trasporto di 8 cavalli), senza cibo, acqua, servizi igienici o anche solo la possibilità di sedersi. I carri caricati di prigionieri e sprangati venivano posizionati su un carrello traslatore, per finire su un ascensore montavagoni. Sollevato dal ventre della stazione, ogni vagone usciva all’aria aperta, su un binario di manovra, posizionato tra i binari 18 e 19, appena al di fuori dell’enorme tettoia della stazione. Una volta formato, il convoglio partiva “per ignota destinazione”.
Un totale di 20 convogli RSHA è partito dalla Stazione Centrale di Milano, deportando ebrei e altri perseguitati verso i campi di sterminio e di concentramento. I primi 2 treni, composti interamente da ebrei, sono partiti per Auchwitz il 6 dicembre 1943. I successivi erano misti e portarono ebrei e oppositori politici a Fossoli, principale campo di smistamento italiano. Alcuni andarono direttamente nei campi di lavoro e sterminio in Germania e Austria, mentre altri, dopo la chiusura di Fossoli nel 1944, avevano come destinazione prima Verona e poi Bolzano, dove si spostarono tutte le operazioni di smistamento.
Alle spalle del binario e dei vagoni si trova il muro dei nomi, che è la risposta al muro dell’indifferenza, a ricordare appunto che dietro a ogni numero c’era un nome, una persona, una famiglia, una vita. Sono 774 i nomi incisi su questo muro e rappresentano i deportati dei convogli RSHA partiti il 6 dicembre 1943 e il 30 gennaio 1944 dalla Stazione Centrale di Milano con destinazione Auschwitz-Birkenau. Tra questi, solo 27 furono i cittadini ebrei sopravvissuti al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau partendo dalla Stazione Centrale di Milano e i loro nomi sono evidenziati sul muro. Mentre tutti i nomi dei deportati ebrei sono registrati sul sito del Centro di documentazione ebrea contemporanea, i nomi dei deportati politici non sono ancora stati raccolti tutti e per questo il muro – come altre parti del memoriale – è ancora in fase di realizzazione. Ai piedi del muro si trovano le lapidi dei convogli, con la data di partenza e la destinazione di ogni treno partito da qui.
Alla fine del viaggio e del memoriale si trova il luogo di riflessione, dove i viaggiatori della memoria possono finalmente riflettere e raccogliere le proprie emozioni. Un luogo generatore di energia, con una barra rivolta verso Gerusalemme a rappresentare un simbolo, un luogo che sia importante nello stesso modo per tutti. Perché in fondo la funzione della memoria è quello di consentirci di vivere in modo diverso il nostro presente. E questo è anceh lo scopo del memoriale: non solo raccontare una storia ma darci uno strumento per lavorare su di noi alla ricerca della differenza, in opposizione all’indifferenza che ha permesso quest’orrore.
[A questo livello il progetto prevede infine una biblioteca specializzata con una capacità di circa 45.000 volumi, uno spazio per mostre temporanee, un bookshop, oltre agli uffici della Fondazione e alle zone di servizio, con affaccio su piazza Safra: spazi tutti ancora in fase di realizzazione.]
Il memoriale nasce per essere visitato, vissuto, odorato, sentito. Spero di avervi trasmesso come possibile quelle sensazioni che solo venendo, camminando in questi corridoi, sentendo i treni passare sopra la testa è possibile capire a pieno.
Last Updated on 09/11/2023 by Diario dal Mondo
Abito vicino a Milano ma non sono mai riuscita a visitare questo memoriale, ci porterò i bambini quando saranno più grandi e in grado di capire.
Io ci sono stata solo una volta durante il mio ultimo viaggio. Sicuramente è un posto dove portare bambini e ragazzi di un’età in grado di comprendere la gravità del luogo. Più piccoli non ce li porterei.
Non ci sono mai stata ma devo dire che non riesco tanto ad approcciarmi a questi luoghi, neanche a leggere libri, comunque trovo fondamentale il ricordare tutto ciò
Sono stata a Milano un milione di volte e ancora non sono riuscita a visitare il binario 21: devo assolutamente rimediare e spero di farlo quanto prima data la mia vicinanza a questa città e la mia sensibilità al tema della Shoah.
E allora direi che per la prossima volta non puoi fartelo scappare. E’ un luogo semplice nella sua complessità, ma a me è piaciuto molto come è stato progettato e realizzato
Sono stata al binario 21 più volte. È un luogo di una freddezza toccante, pieno di angoscia e incredibilmente triste. Dovrebbe diventare un obbligo la visita ai luoghi della memoria: come un vaccino, perché non si ripeta mai più.
Sono d’accordo al 100%, penso che tutti i ragazzi debbano farci visita e poi di nuovo da adulti per capire meglio tutte le atrocità che forse da giovani non riusciamo a cogliere
Non conoscevo l’esistenza di questo luogo, ma ti ringrazio per avermelo fatto conoscere. I luoghi legati all’olocausto sono per me molto affascinanti, anche se mi mettono una tristezza infinita, trovo che sia doveroso visitarli per non dimenticare!
Purtroppo se ne parla solo in occasione del giorno della memoria, mentre è una storia che deve essere raccontata ogni giorno per assicurarci che non si ripeta mai più
Non ci sono mai stata…dovrei.
Quando ero al liceo, a fine gennaio, ci avevano portati (proprio in treno) fino a Cracovia e in visita ai campi di concentramento.. emotivamente è stato veramente devastante.
Al liceo io sono andata a visitare il campo di Terezin, molto molto intenso ovviamente ma una visita che mi porto dentro ancora adesso. Se riesci a trovare un paio d’ore per andare al Binario 21 fallo!
Solo pochi giorni fa ero a Budapest dove ho scoperto che c’è un memoriale dedicato a 700 eroi che hanno salvato migliaia di ebrei ungheresi da morte certa e che tra questi ci sono tanti italiani tra cui Giorgio Perlasca. Mi piace l’idea che anche a Milano ci sia un memoriale, non se ne parla mai abbastanza.
Non conoscevo questa storia ma sicuramente in tutto il mondo ci sono piccoli e grandi eroi le cui gesta non sono conosciute o conosciute abbastanza
Io faccio molta fatica a visitare questi complessi (faccio fatica anche a leggere libri che ne parlano), ma dalle foto sembra un luogo così carico di storia e di memoria che merita sicuramente una visita!
Molte persone la pensano come te, e non penso ci sia niente di sbagliato. Io invece sono appassionata di queste storie e ho letto libri bellissimi – anche se ovviamente tristi – ambientati proprio durante le guerre
Mi riprometto sempre di andarci al Binario 21 e poi non lo faccio. La mia è una forma di paura ma la testimonianza è importante perché l’indifferenza è davvero più colpevole della stessa violenza. E quante volte, di fronte alle tante ingiustizie che vediamo ogni giorno, ci voltiamo dall’altra parte e pensiamo che in fondo non ci riguardano. Sei milioni di persone sono state uccise sotto gli occhi del mondo. Grazie per la tuo post così preciso e delicato
Io ci ho messo tanti anni ad andarci e sono contenta di averlo fatto. Penso che tante persone rileghino l’Olocausto al passato senza realizzare che purtroppo i sentimenti che lo hanno causato sono ancora tuttora molto attuali
Io in questo periodo vado sempre molto in depressione. Da appassionata di storia ho sempre letto e visto numerose proiezioni in merito ai due conflitti mondiali, che mi hanno sempre appassionato molto ( storicamente e socialmente parlando). Ma non riesco a visitare i luoghi della memoria, è più forte di me. Sono troppo emotiva e mi sentirei davvero svenire in posti simili, conoscendone l’atroce storia a cui sono legati.
Sei sicuramente molto sensibile al riguardo. Devo dire che quando ho visitato questo memoriale ma ancora di più il campo di Terezin in Repubblica Ceca avevo lo stomaco attorcigliato e le lacrime agli occhi, ma ho sempre pensato che fosse un mio dovere – come quello di ogni altra persona – visitare questi luoghi e vivere il dolore che da lì è passato.
Conosco bene questo luogo. Da Milanese adottata ho avuto modo di conoscerlo, studiarlo e di commuovermi davanti a tutti qui ricordi. Vorrei solo che la gente se ne ricordasse anche oggi.
Sarebbe bello che la gente se ne ricordasse ogni giorno perché l’odio e il razzismo non sono purtroppo finiti con la fine della seconda guerra mondiale