Insegnare le lingue… da non insegnante

Ho cominciato a dare ripetizioni di inglese a 18 anni durante il primo anno di università, quando, tornata dal mio anno in America, la mia conoscenza dell’inglese era di gran lunga superiore alla stragrande maggioranza dei miei coetanei. All’inglese si è poi aggiunto il francese e, una volta trasferitami in Australia, anche l’italiano. Non ho mai studiato da insegnante e per questo non mi definisco tale, ma di studenti davanti a me negli anni ne ho visti passare davvero tanti. E ora, dopo 12 anni di “insegnamento”, appendo la mia bacchetta al chiodo e mi ritiro come insegnante. Prima di chiudere questo interessante capitolo della mia vita, oggi voglio raccontarvi cosa ha significato questa decade di insegnamento da insegnante-non insegnante.

In Italia nella maggior parte dei casi ho avuto studenti delle superiori, un paio di volte delle medie; in Australia invece ho avuto studenti dai 5 ai 90 anni, con molti più adulti di quelli che avrei mai avuto in Italia. Ho sempre dato lezioni individuali, tranne una volta che avevo due studenti insieme – e non è stata una grande esperienza. Ad Adelaide per 6 mesi ho insegnato italiano e francese in una scuola privata di lingue, ma per il resto del tempo ho sempre insegnato privatamente. In Italia sono sempre andata io dai miei studenti, mentre in Australia sono andata io a domicilio, sono venuti loro a casa mia e ho anche avuto lezioni in biblioteche e altri luoghi pubblici. In media, in Australia sono stata pagata almeno il doppio di quanto ero pagata in Italia, e per fortuna non ho mai avuto studenti che si rifiutassero di pagare.

A. è stata la mia prima studentessa, arrivata a me tramite il mio allenatore di pallavolo dell’epoca. A. è stata la mia cavia, il mio primo esperimento da insegnante, e sono contenta di poter dire che ce la siamo cavata entrambe estremamente bene. Per 5/6 anni abbiamo studiato insieme due ore la settimana, lavorando soprattutto sul suo francese e inglese, ma anche su altre materie in cui aveva difficoltà. Con A. ho scoperto le mie qualità e i miei limiti come insegnante-non insegnante. Ho scoperto, lezione dopo lezione, quale approccio funzionava meglio per me e ho testato, lezione dopo lezione, l’efficacia e l’effetto di questo metodo con i miei studenti.

Non ha sempre funzionato. Quando non hai mai seguito un corso da insegnante, spesso ti mancano le basi – teoriche e pratiche – per fare il tuo lavoro. Quando insegni una lingua straniera – non la tua -, spesso la insegni nel modo in cui l’hai imparata. Quando poi insegni una lingua straniera che un po’ è diventata tua – perché quella lingua per un periodo è stata l’unica lingua in cui hai comunicato -, spesso ti riesce difficile spiegare perché un certo verbo si coniuga così piuttosto che cosà. Non ho mai fatto segreto di non essere un’insegnante qualificata. Non ho mai nascosto di non aver studiato né aver fatto alcun training come insegnante di lingua. Sono sempre stata sincera nel mio approccio e nella mia conoscenza delle lingue che ho insegnato e devo dire che i miei studenti e i loro genitori hanno sempre capito e apprezzato.

Con i ragazzi in età scolastica, la mia mancata qualifica non è mai stata un problema, perché il mio ruolo non era come “insegnante”, quanto più di “tutor”. Non ero insomma lì per impartire loro nuova conoscenza, quanto più per aiutarli ad assimilare e migliorare quello che i loro professori a scuola gli insegnavano e a fare pratica con lo speaking. Il problema è sorto invece quando qui in Australia ho cominciato a insegnare italiano ad adulti: a differenza dei miei studenti-ragazzi, per i miei studenti-adulti ero l’unico punto di riferimento, l’unica insegnante da cui imparare l’italiano, e per questo in me riversavano tutte le loro aspettative e speranze. Gli adulti sono solitamente pratici e pragmatici: pagano per un servizio, e da quel servizio vogliono ottenere risultati. Possibilmente in modo rapido ed efficiente. Si aspettano un programma preciso, un lesson plan in anticipo, e si aspettano di vedere progressi lungo il percorso. Fair enough, direi. Avrei anche io le loro stesse aspettative. Ma nel caso specifico, per me questo non è così semplice né automatico, non essendo appunto un’insegnante qualificata, e per questo mi sono trovata a volte a dover prendere la difficile decisione di interrompere le lezioni e di raccomandare insegnante più qualificati.

È sbagliato insegnare lingue senza una qualifica oppure prendere lezioni da un’insegnante-non insegnante? No, non penso che lo sia, a patto che l’insegnante sia sincera riguardo alle sue qualifiche e alla sua esperienza. Il training e lo studio sono qualità sicuramente importante per un insegnante, ma credo che altrettanto lo siano la passione, la pazienza e la fantasia. Doti che ho sempre cercato di avere durante le mie lezioni e che penso i miei studenti abbiano sempre apprezzato. Non ho assolutamente la pretesa di essere chiamata insegnante o teacher, chiamatemi tranquillamente tutor se vi garba di più: qualsiasi sia il nome che volete affibbiarvi, io ho sempre preso con la stessa serietà il ruolo che mi è stato dato e ho sempre portato a termine il mio compito di insegnante-non insegnante con estrema serietà e professionalità.

In un altro post vi racconterò cosa ho imparato in questi miei 12 anni di “insegnamento”, ma per ora raccontatemi le vostre esperienze. Vi siete mai trovati a insegnare qualcosa per cui forse non avete una qualifica ufficiale ma di cui avete sicuramente tanta esperienza? Cosa ne pensate dell’insegnare lingue (o qualsiasi altra materia) pur non essendo un’insegnante riconosciuta?

Last Updated on 10/05/2021 by Diario dal Mondo

27 thoughts on “Insegnare le lingue… da non insegnante

  1. Insegnare una lingua straniera non è cosa semplice nè facile, te lo dice una che lo ha fatto per ben 40 anni in una scuola superiore. Il grosso limite è quello di avere di fronte gruppi classe molto numerosi e un numero di ore davvero scarno. Il che a sua volta implica dover trovare delle strategie utili e motivanti per tutti. Una faticaccia, insomma!
    Beata te che puoi appendere la bacchetta alchiodo, io ne ho ancora per tre anni 🙂

    1. Questo lo immagino, poi il sistema scolastico italiano è molto rigido e lascia ben poco all’iniziativa dei singoli insegnanti. Questa almeno è la mia percezione da studentessa!

  2. Quali sarebbero gli studi da insegnante? Il 90 % delle persone che insegnano affinano la materia direttamente in trincea, a parte chi studia scienze dell’educazione per insegnare alle elementari, i professori delle medie (come lo sono stata io in italia) e delle superiore hanno lauree umanistiche o scientifiche che mon prevedono neanche mezzo esame di pedagogia. Direi che la tua e’ un’esperienza comune e ordinaria, titolarla “insegnare da non insegnante” e’ fuoriluogo, dopo 12 anni sei un’insegnante in piena regola

    1. Non so in Italia ma in Australia per insegnare nelle scuole devi avere un titolo universitario in insegnamento oppure una laurea nella materia che insegni. E no, non mi ritengo assolutamente un’insegnante anche dopo 12 anni, perché non sento di avere assolutamente la preparazione necessaria per l’insegnamento vero e proprio di una materia

  3. Mi permetto di intervenire nella discussione.
    Chi ha un’abilitazione o un percorso formativo per l’insegnamento non è solo una persona con un pezzo di carta “che apre delle porte”.
    In teoria, se uno si è formato per fare un mestiere, è uno a cui quel mestiere interessa e magari ha saputo trarre da quella formazione delle competenze che poi gli sono utili in classe.
    Se nel percorso personale di tutti noi ci sono stati degli insegnanti inadeguati e impreparati, ma questo non vuol dire che allora tanto vale non essere degli insegnanti formati, perché tanto con tanta passione e creatività si fa uguale.
    Giustamente tu hai detto che ti sei sempre posta con umiltà, consapevole che quel ruolo richiedeva altre competenze che in quel momento non avevi.
    Questo vorrei che fosse chiaro: non ci si improvvisa insegnanti, anche se ci sono contesti (doposcuola, centri privati di lingue, associazioni all’estero che chiedono solo che tu sia madrelingua) che fanno credere di poterlo essere senza preparazione adeguata.
    Sì, perché il pezzo di carta è proprio questo: preparazione per entrare in classe. Non è un pezzo di carta che apre più porte così, a caso.
    Non è per forza vero che chi ha studiato sia uno che sa stare solo sui libri e chi invece è stato “buttato” ad insegnare ne sia capace perché “si è fatto l’esperienza” sulla propria pelle.
    Come sempre, la verità sta nel mezzo.
    Io ho studiato per diventare insegnante, e ho iniziato ad insegnare durante gli studi. Quindi sono stata fortunata dall’aver potuto mettere in pratica quello che studiavo contemporaneamente. Se riguardo indietro, mi imbarazzo a pensare a quante lezioni che per me erano “perfette” non lo fossero affatto.
    E siccome nella vita faccio anche la formatrice di insegnanti di lingue, ne trovo molti che pensano di esserlo solo perché madrelingua, e sono convinti che la preparazione non serva (“tanto è la mia lingua”).
    Scusa se mi sono dilungata, ma l’argomento mi tocca molto.

    1. Ciao cara, grazie mille per il tuo commento e per il tuo punto di vista!
      Ovviamente sono molto contenta che tu mi abbia detto il tuo pensiero, che ritengo molto valido perchè conosco il tuo percorso educativo e professionale, quindi grazie ancora! Il vecchio detto “a ognuno il suo” ha radici profonde: non ci si improvvisa insegnante, così come non ci improvvisa idraulico o medico. Di questo ne sono pienamente convinta. Sono altrettanto convinta che il pezzo di carta non fa il bravo insegnante, così come non fa il bravo ingegnere o elettricista. O per lo meno non solo.
      Negli anni qui a Sydney in cui ho insegnato italiano ho trovato davvero insegnanti il cui italiano faceva paura, e che di conseguenza insegnavano e insegnano una lingua piena di falle. E di pezzi di carta ne hanno da tappezzare l’intera casa.
      Insomma, come dici tu, la giusta via è sempre nel pezzo. Ben venga il pezzo di carta. Ma per me questo deve essere accompagnato da una profonda conoscenza e padronanza della lingua e delle sue regole, oltre che passione, pazienza e creatività, elementi per me essenziale per qualsiasi insegnante.
      Un bacio

    1. Il nostro corso non ha una fine, sono microcorsi di 6 settimane! Ti aggiorno strada facendo!

      1. Sciucran! Beh, non lo scrivo in arabo solo perché il telefono non lo consente. 🤣🤣

  4. Arabo? Vedo che non sono l’unica incosciente a cimentarsi con una lingua così così…diciamo diversa. Frequento l’Università della terza età (ovviamente). Le lingue mi piacciono molto e fra quelle proposte era l’unica che non conoscevo e ho deciso di provarci. Lo trovo veramente difficile. Una scrittura che richiede tanta memoria, puntino sotto o puntino sopra che fanno una enorme differenza, etc. Etc. Aiuto! Tu come te la cavi? Io per ora brancolo nel buio o quasi. Ho cominciato un mese fa.

    1. Il mio lavoro lo offre gratuitamente e ho deciso di cimentarmi! La trovo una lingua molto difficile perché non ha agganci con l’italiano o le altre lingue che conosco… Ed effettivamente è tutta una questione di studio e memoria! Per ora ho fatto solo un paio di mesi di lezioni, quindi ho ancora tanta strada davanti, ma per ora mi diverto!

  5. Proprio oggi su FB una tipa mi ha detto che secondo lei solo chi ha una formazione umanistica dovrebbe dare lezioni di lingue. Ovviamente, dopo che le ho detto che ho una formazione scientifica. Ci sono rimasta male. Capisco che in Italia promettano mare e monti a chi frequenta le facoltà umanistiche e che poi la realtà sia un’altra, ma ciò non toglie che il mondo e le storie delle persone siano varie. Per dire, non credo che il famoso Sloane sia un glottologo né un linguista. È semplicemente un inglese simpatico e fotogenico.

    Mi sono trovata per caso da qualche mese a dare lezioni di italiano a un gruppo privato. All’inizio era difficile per i motivi che dice Giupy. Poi ho ingranato la marcia: ho preso un libro, mi preparo gli argomenti in anticipo. Su internet ci sono molte risorse (incluse videolezioni di italiano su YouTube) da cui prendere spunto. Per me è stato importante poter assistere alle lezioni di italiano negli istituti di lingua, vedere vari insegnanti all’opera e capire che tipi di lezione si possono fare e i vari stili di insegnamento. Ho studicchiato glottodidattica per il DITALS (che non ho mai sostenuto) e n0n credo che conoscere la teoria glottodidattica sforni automaticamente buoni insegnanti — mi sono state più utili le lezioni in aula che i tomi di glottodidattica . Non ho notato una corrispondenza automatica “bravo insegnante” = ha studiato per fare quello, ho visto lezioni di insegnati con vari background. Non credo cercherò di perseguire i canali tradizionali di insegnamento perché qui ci sono molti italoargentini che insegnano ai livelli A-B, ma non nascondo che mi piacerebbe fare qualcosa di più elaborato e complesso (livello C), magari per gli insegnanti italoargentini.

    Con questo non voglio sminuire che studia per insegnare italiano come L2/LS, solo dire che nella vita esistono più strade che portano non sempre dove uno ci si aspetta.

    1. Incredibile come ancora esistano certi stereotipi come formazione umanistica = insegnamento. Negli anni di insegnamento anche io sono andata a informarmi un po’ e grazie al cielo al giorno d’oggi si trova davvero tanto. Ho trovato tanti siti di risorse per l’insegnamento e sono sempre riuscita a variare le mie lezioni. Forse proprio perchè non siamo insegnanti-insegnanti, riusciamo a essere più resourceful?

      1. Hai esperienza di corsi di lingue come alunna? Io avevo fatto qualche lezione a un corso di preparazione ELE (cioè per aspiranti insegnanti di spagnolo) dove noi stranieri facevamo da cavie gratis. Ho visto una ventina di futuri insegnanti all’opera e nonostante il corso *non* erano affatto tutti uguali. È stata utile anche questa esperienza dall’altra parte della barricata. Parlando con amiche è poi emersa la profonda differenza tra un corso di lingua in una scuola di lingue e lo studio di un’altra lingua come materia scolastica (per me, l’inglese nella scuola pubblica italiana). All’uni ho fatto il PET e anche lì abbiamo avuto insegnanti di varia provenienza, stile didattico ed “efficacia”. Erano tutti docenti di lunga data e con formazione universitaria in inglese o didattica dell’inglese. Non ho mai fatto un corso di lingue da zero, ma mi piacerebbe. Magari portoghese? 😀

        1. No, non sono mai stata alunna a questo tipo di corsi, ma lo sono stata per altri non di lingua. In generale penso che un insegnante debba trovare il suo metodo e la sua tecnica, “una taglia unica per tutti” secondo me proprio non funziona. Anche perchè come sono diversi gli insegnanti, così lo sono gli alunni, e il mio metodo per esempio non ha sempre funzionato con tutti. Io ora sto imparando a lavoro l’arabo, e l’insegnante ha un metodo molto particolare, diverso da quello con cui ho imparato inglese e francese, ma per adesso direi che anche questo sta funzionando!

  6. Non sono mai stata insegnante di Italiano, anche se ho aiutato verie persone che studiavano italiano (per esempio facendo tandem o cose del genere). L’ho trovata un’esperienza molto interessante, anche se piu’ difficile di quanto mi aspettassi: sono partita convintissima di sapere l’Italiano a perfezione, e poi ritrovarmi a rispondere a domande come “perche’ qui ci va questa particella?” con un confuso “Non so, e’ cosi’ e basta”. E’ stato quindi anche per me un bell’esercizio per imparare un po’ di linguistica…

    1. Hai assolutamente ragione! Quante volte i miei studenti mi hanno fatto domande sull’italiano a cui non ho saputo rispondere? Ma per contro, questo mi ha stimolato ad andare a ripassare un po’ di regole grammaticali in modo da essere più o meno sempre pronta per le loro domande. D’altro canto però ho trovato più facile spiegare regole grammaticali di francese e inglese, forse perchè le abbiamo imparate a scuola?

  7. Condivido molto questo post e anch’io penso non sia assolutamente sbagliato insegnare lingue senza una qualifica. Certo tutto dipende da contesto e obiettivi: serve sincerità da entrambe le parti, non solo lato insegnante.
    ah, se penso a certi soggetti (italiani) in Congo che si lamentavano con la direttrice perchè non volevano mandare i loro sei/settenni da me perchè non madre lingua. Laurea in lingue e anni di vita all’estero evidentemente non contano nulla per qualcuno. Meglio certe insegnanti che non hanno laurea in lingue e non sono mai uscite dall’italia, eh? Quelle sì che insegnano un inglese perfetto.

    1. Al 100% d’accordo con Cris. Esperienza vs. Pezzo di Carta ufficiale. Dovrebbe valere decisamente di più l’Esperienza, ma non sempre…A me non è mai piaciuto l’insegnamento e la mia esperienza si riduce a un mese come sostituta in un liceo scientifico. Non avevo il famoso Pezzo di Carta, e all’Universita’ studiavo ben altro, ma…ero da poco reduce dagli USA e per l’inglese andavo bene. Così ho aderito alla richiesta del preside. Ciao

      1. L’esperienza e la padronanza della lingua per me sono fondamentali, anche se il pezzo di carta ti apre molte più porte come insegnante. Pensa che l’insegnante di italiano delle mie ultime studentesse – italiana di seconda generazione – davvero non avrebbe mai dovuto insegnare dato il suo livello di italiano… eppure con il pezzo di carta insegnava bellamente in una scuola privata di Sydney!

    2. Concordo pienamente con te…. se penso alle insegnanti di inglese e francese che ho avuto alle medie e superiori mi viene l’orticaria! Pensa che quando sono tornata dal mio anno in USA la prof di inglese della 5a chiedeva a me come pronunciare/dire alcune cose! Allucinante proprio!

  8. Brava Claudia! Mi piace leggere i tuoi post; sono curiosa e trovo sempre cose interessanti che stimolano i miei pensieri. Tornando all’insegnamento io conosco solo l’inglese e non avrei saputo neppure da dove cominciare. Non è nelle mie corde. E in più ora non parlo neanche più; ma questa è tutta un’altra storia. Che non c’entra niente con l’insegnamento. Ciao.

    1. Ciao Gin, sono contenta che continui a leggermi con piacere. L’insegnamento non è decisamente per tutti, e io stessa non potrei mai farlo per professione, perchè non ho la passione giusta per farlo. Non sei riuscita a mantenere l’inglese dopo il tuo anno all’estero? Un abbraccio

      1. Ciao Claudia! Grazie per il tuo interessamento. Si, l’inglese l’ho mantenuto. Leggo diversi libri in inglese con l’aiuto di una lettrice amica che settimanalmente viene un’ora a casa mia. E lo parlo anche, ossia io lo penso soltanto perché come ricorderai non parlo proprio più per colpa della sclerosi multipla.
        A volte però mi diverto a mettere in confusione le badanti, “parlando” col mio metodo (v. http://www.ilsorrisodigin.com), ossia facendo lo spelling della parola in questione in inglese, mentre loro si aspettano una parola italiana, e rimangono un po’ basite. La Mamma non si lascia abbindolare e risolve l’arcano mistero.

        1. Ahahah, che tremenda che sei Gin! Povere badanti e grande la tua mamma! Sono contenta che tu abbia modo di mantenerlo ancora nonostante tutto. Credo che ti apra molte piu’ possibilita’, anche solo come libri/siti/film. Qualche film in inglese ogni tanto lo guardi?

          1. Ciao! No. Purtroppo i film non li guardo più. Gli occhi non sono granché. Però… li ascolto. Io sono una di quelle persone che può benissimo fare a meno della televisione, che per me è tornata ad essere una radio. Chi lo dice che il progresso porta sempre avanti? Ciao

            1. Ahahaha, hai ragione! Anche solo ascoltare un film, un programma o anche un audiolibro è un ottimo modo per intrattenersi!

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