Ci sono due tipi di expat in circolazione: quelli che questa vita all’estero se la sono scelta e quelli a cui questa vita é stata imposta. I primi hanno lasciato il proprio paese in cerca di opportunità migliori o per trovare quel brivido che la vita all’estero necessariamente porta; i secondi sono emigrati perché non avevano altra scelta o per seguire – a volte a malincuore – un partner con un lavoro all’estero.
Il fatto che questa vita ce la sia scelta o ci sia stata imposta determina moltissimo il modo in cui la si vive. Impatta sul modo in cui ci si integra nel paese e nella comunità ospitante, influenza il modo in cui ci si percepisce all’estero, e determina con forza come si reagisce alle avversità che una vita lontana dal proprio paese comporta. Io rientro nella prima categoria, questa vita all’estero me la sono scelta, non mi é stata imposta da nessuno, e per questo mi devo assumere tutte le responsabilità per questa mia decisione. Non ho nessuno con cui lamentarmi e da recriminare.
Quali sono allora gli effetti collaterali di questa vita da expat?
Non esserci
L’Australia è maledettamente lontana dall’Italia – su questo non ci sono dubbi -, i voli sono lunghi e costosi, il fuso orario fa la sua parte e i viaggi in patria sono necessariamente lunghi. Non si può tornare per una settimana, di sicuro non per un weekend. Due settimane sono il minimo ragionevole, ma non sempre c’è la possibilità di prendersi così tanto tempo. E ancora più raramente ci sono i soldi per un viaggio così costoso “fuori programma”. E così le visite sono rare, e la lontananza dalla famiglia e dagli amici comporta non esserci nelle gioie e nei dolori; non poter vedere crescere fratelli, nipoti, cugini; perdersi eventi importanti nella vita di amiche di una vita… Significa essere quella “che non c’è mai”, quella che manca sempre nelle foto, quella che vive momenti imperdibili attraverso le foto degli altri….
Perdere la libertà di viaggiare
Ironicamente, dato il punto sopra, si perde la libertà di viaggiare dove e come si vuole – perché prima di tutto bisogna tornare a casa. Come dire a mamma, nonna e nipoti che quest’anno il viaggio in Italia salta perché si preferisce invece fare un viaggio in Thailandia? Come spiegare alla propria migliore amica che, nonostante la voglia immensa di riabbracciarla, l’impulso di andare a scoprire il mondo a volte prende il sopravvento? Come giustificare alla propria nipotina il fatto che non ci vedrà per un paio d’anni, perché invece che volare verso l’Italia quest’estate si volerà in Sud America? È molto difficile da spiegare e molto facile ferire chi ci ama… e allora, per evitare discussioni e sofferenza, si ritorna a casa, sempre e comunque, anche quando si vorrebbe andare altrove…
Dover fare delle scelte
Vivere così lontani e da soli, con un marito australiano ma con la sua famiglia in un’altra città, comporta necessariamente dover fare delle scelte – scegliere di passare il Natale con la mia o la sua famiglia (impossibile fare il 25 da una famiglia e il 26 dall’altra che tanto semplificherebbe le cose), scegliere di esserci per un matrimonio o per la nascita di un bambino, fare vacanza di coppia o con tutta la famiglia. Scelte che necessariamente comportano la sofferenza di qualcuno, che sia la nostra o quello dei nostri cari; scelte indubbiamente difficili da spiegare e da giustificare, e impossibili per gli altri da capire. Ovvio che la vita sia fatta di scelta anche per chi non si sposta mai da casa, ma vivendo all’estero le scelte da fare aumentano e crescono di volume e importanza.
Diventare un pungiball
Quando si sceglie di vivere all’estero con il proprio compagno, si deve accettare anche il fatto che la coppia sarà tutta la famiglia a disposizione. Non ci saranno mamme o sorelle da cui rifugiarsi, pranzo domenicali dai suoceri o, almeno in un primo periodo, neanche un’amica con cui prendere un caffè. Vivendo lontano dalla famiglia e dagli amici di sempre, è normale legarsi in modo estremamente forte al proprio partner: d’altronde, all’estero, ci siamo solo noi, io e te, tu ed io, giorno dopo giorno. Non c’è nessun altro su cui fare affidamento, soprattutto all’inizio; le amicizie degne di questo nome potrebbero tardare ad arrivare e, in alcuni casi, potrebbero non arrivare mai. E così non c’è nessun altro con cui litigare, con cui sfogarsi, con cui confidarsi. Il nostro compagno diventa un pungiball, quello su cui riversiamo tutte le parole non dette in una giornata passata da sole, tutta la frustrazione per un paese che non capiamo e tutta la sofferenza e nostalgia per gli affetti che da lontano possono fare poco.
Difficile convivenza con i parenti in visita
Seguendo i punti sopra va da sé che chi vive all’estero riesca a vedere la propria famiglia di origine solo saltuariamente. Se si emigra a poche ore di volo/treno/auto da casa, e se i propri impegni di lavoro/scuola lo permettono, allora si riuscirà a rientrare in Italia diverse volte l’anno e mantenere una parvenza di normalità con i propri famigliari. Ma se, come nel mio caso, a dividervi dall’Italia ci sono non ore ma giorni di viaggio e costi proibitivi, allora sarà già tanto riuscire a tornare una volta l’anno, quando va bene. E con i giorni contati a ogni visita, è normale che si abbia sempre la sensazione di essere degli ospiti, e ogni volta c’è da reimparare abitudini e usanze. E quando i parenti ci vengono a trovare è anche peggio: non siamo abituati ad averli tra i piedi così spesso, così intensamente, e per così tanto tempo e la convivenza non è necessariamente facile.
Ovvio che non è possibile generalizzare, ognuno ha la propria storia, la propria personalità e le proprie priorità. Questi sono solamente alcuni dei tasti più dolenti della mia vita all’estero, e sono sicura che in molti ci si ritroveranno, così come molti altri avrebbero elencato altri problemi. E allora, se non siamo sulla stessa lunghezza d’onda, voi cosa avreste indicato come “effetti collaterali” della vostra vita da expat?
Last Updated on 01/05/2024 by Diario dal Mondo
Li hai elencati bene, e molti si adeguano anche all’essere expat “vicino”.
Io ho notato per esempio che, pur sentendo i miei ogni giorno, mi tengono proprio fuori da molte questioni per loro quotidiane, di cui comunque mi piacerebbe essere al corrente. Si informano se sto bene io, ma non mi dicono quasi mai nulla di quello che succede da loro…E quando torno a casa, mi ritrovo ad apprendere casualmente di eventi o situazioni che ignoravo completamente. Non mi piace questa parte del “non esserci”; perché è vero che molte cose si perdono, ma a volte vorrei che anche gli altri facessero un minimo sforzo per farmi sentire più vicina a casa anche se vivo lontana.
Come non darti ragione! Sono ormai 6 anni che vivo qui in Australia, piú tutti gli anni precedenti in cui sono andata e venuta, e mi pare di essere sempre la sola a fare sforzi. Mi sforzo di mantenere i contatti, mi sforzo di rendere gli altri partecipi, mi sforzo di viaggiare per “esserci”, mentre gli altri si lamentano solo che non ci sia abbastanza! Assolutamente ingiusto, ma come amano ripetermi di continuo parenti e amici, “sono io che ho scelto di andarmene”….
Mh, si vero che la scelta è stata tua…ma trovo un po’ crudele farla pagare così.
Chi rimane si lamenta della nostra assenza; è molto piú facile lamentarsi piuttosto che provare a mettersi nei tuoi panni e considerare che fra i lati negativi devi contare anche quello della solitudine che a volte prende alla gola.
hai assolutamente ragione, e pesa anche a me che me la facciano pagare cosi e cosí a lungo…
L’aspetto del viaggio obbligato verso casa lo sento molto anche io. Negli ultimi mesi ho iniziato appena appena a viaggiare di piu’ (e sentirmi libera di farlo), dato che ero spesso in Italia, ma mi chiedo come sara’ l’anno che viene e se riusciro’ a trovare un compromesso, dato che torno a Londra… e che avro’ un lavoro fisso 9-5 con turni anche il sabato!
Penso che l’unico compromesso sia viaggiare una volta noi e una volta i nostri cari… ma ahimé, almeno nel mio caso temo che resterá un’utopia data la distanza con l’Australia! Contenta di tornare a Londra??? Di cosa ti accuperai?
Concordo su tutti i punti.
Sul Non Esserci, mi domando se vivere più vicini all’Italia ci permetterebbe di esserci di più, o se comunque saremmo quelli lontani anche se un po’ meno. Di sicuro non potremmo vivere la quotidianità. Che ne pensi?
Liberta’ di viaggiare: noi questa volta proviamo ad andare in vacanza in Italia dopo 18 mesi, per potere nel frattempo visitare un po’ di questa Australia. Vediamo come andrà.
Parenti in visita: oltre alla difficoltà della convivenza, ci sono anche gli “strascichi” di emozioni. Se già per gli adulti è difficile salutarsi, le mie bimbe rimangono malinconiche e ci domandano di continuo per almeno 2 settimane perché non possiamo vivere vicino alle nostre famiglie. E per noi non è facile confortarle e supportarle 🙁
Insomma, l’espatrio è una bella sfida per tutti!
Data la mentalitá di molti italiani, vivessimo anche in un’altra cittá saremmo lo stesso “quelli lontano”, ma oggettivamente potremmo essere presente per un numero maggiore di occasioni. Per quanto riguarda la libertá di viaggiare, penso che l’unico compromesso é fare una volta per uno, ma data la distanza e il costo dei voli per l’Australia, chi sarebbe disposto a farlo con costanza? Solo noi! La convivenza per noi é anche un problema per i nostri partner, che devono “sopportare” la convivenza forzata per settimane con parenti che normalmente non sarebbero costretti a frequentare cosí intensamente… e questo non é sempre facile! Come dici tu, spesso e volentieri é una bella sfida vivere cosí lontano!
Mio marito si fa mandare in trasferta di lavoro!!!! 😉
beato lui!!!