10 anni… Così per sempre!

Quassù a 10.000 chilometri di altezza mi sento vicina a te come non mai. Oggi come non mail

Mi sono sposata, papà. La tua bambina che sognava di sposare te, la bambina che ti guardava con adorazione, la bambina che ti idolatrava come nessuno mai, è ora una donna sposata. E purtroppo a quell’altare non mi hai accompagnato tu. Il mio grande giorno in qualche modo non è andato come l’avevo sempre sognato. Perché il mio papà non era lì a prendermi sottobraccio e ad affidarmi all’uomo che ha promesso di amarti per il resto della vita. L’avevi promesso anche tu, ma poi sei andato via. Speriamo che questa volta io sia più fortunata.

Sono passati 10 anni da quel maledetto giorno che ti ha portato via da noi. 10 anni in cui la nostra vita, volenti o nolenti, è andata avanti. 10 anni in cui tu non ci sei stato. Il mio matrimonio è solo l’ultimo dei tanti eventi di famiglia senza di te. Ci sono stati matrimoni e lauree, cresime e comunioni. 10 anni in cui ci siamo stretti l’un l’altro per colmare quel vuoto che comunque abbiamo sempre sentito. 10 anni in cui abbiamo imparato a essere famiglia in 4 (e poi in 3 e 2 quando io & Big Brother abbiamo lasciato il nido).

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Frivolezze

Siamo a -47 giorni dal fatidico sì, e l’ansia comincia a farsi sentire. Non tanto per i preparativi, che sto cercando di tenere sotto controllo man mano che passano i giorni, in modo da arrivare al 23 maggio con tutto pronto… Ma più per me stessa.

Il giorno del mio matrimonio è il giorno che ho sempre sognato. Mi vedo con l’abito bianco, i capelli raccolti, il viso truccato. Mi vedo bellissimo. I sogni sono belli perché ci permettono di immaginarci come vorremmo. E io sono molto lontana da come mi vedo nei miei sogni.

Dai 10 anni in poi ho sempre litigato con il mio corpo. Troppo alta rispetto alle mie coetanee. Troppo formosa per la mia età. Troppo goffa rispetto alle altre ballerine. Troppo grassa rispetto alle mie amiche. È una vita che lotto contro il mio corpo, e se ci sono alcuni aspetti di me che mi sono sempre piaciuti, sono molto di più quelli che ho passato anni ed anni ad odiare.

È una vita che sono a dieta, con pochi successi e molte frustrazioni. È una vita che faccio sport e movimento, con pochi effetti sul mio corpo. È una vita che mia madre mi compra pillole, pasticche e creme di ogni genere per aiutarmi a perdere peso e rassodare. È una vita che non funziona niente. È una vita che mi sento dire che dovrei perdere peso, che stavo meglio prima, ecc.

Per fortuna con il passare degli anni sono riuscita ad accettare di non essere come le mie amiche: 160 centimetri per 50 chili di peso. Ho accettato che i geni non sono dalla mia parte, e che mia madre è e sarà sempre più in forma di me, indipendentemente dalla sua età.

Ma questo non vuol dire che io sia contenta del mio aspetto. E con il matrimonio alle porte, non faccio che pensare a quanto bella voglio essere quel giorno. Su determinati aspetti del mio corpo proprio non ho controllo (come la pienezza delle labbra, o la taglia del seno), ma su tanti altri sto lavorando, in modo da arrivare al grande giorno più bella che posso.

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Svenitrice cronica

Era il gennaio 1996. Eravamo a Folgarida. L’anno in cui anche mia madre si è fatta convincere a provare a sciare, e anche i bambini del baby club la prendevano in giro perché lei in piedi proprio non riusciva a starci. Era anche l’anno in cui io, Big Brother e papà avevamo preso un maestro di sci tutto per noi. La mattina era stata stancante, come sempre sugli sci, e il pranzo era una pausa ben accolta. Ma il self-service era affollato e la coda era piuttosto lunga. Non ricordo quanto avessimo aspettato in piedi, ma ricordo la sensazione di calore, la fastidiosa mancanza di aria e la testa pesante… e poi leggera, molto leggera… Mi sono svegliata tra le braccia del mio papà che cercava di rifarmi prendere conoscenza su un tavolo di quel self-service. Avevo 10 anni e quella era la prima volta che svenivo. Continue reading “Svenitrice cronica”

In Via dei Matti numero zero 1.0

Martedì mattina. Ora 9:00. S&L sono in partenza da Sydney, e io li accompagno in strada a prendere l’autobus. Non appena usciamo dal portone, incontriamo Berry, un anziano che abita al primo piano. Questo vecchietto un po’ burbero solitamente sempre elegante e curato, quella mattina girava a piedi nudi e in pigiama. Come ci ha visto ha cominciato a dirci qualcosa, ma non si capiva di niente di quello che diceva. Mentre aspettavamo l’autobus, lo vedevo andare su e giù dal corsello dei box, come in cerca di qualcosa. Salutati S&L, faccio per salire in casa, quando me lo trovo di nuovo davanti. Gli chiedo se voglia salire, e così entra nel portone con me. Dovendo passare dal suo appartamento per salire al mio, gli chiedo se ha con sé le chiavi di casa (abbiamo le serrature a “deadlock”, perciò senza chiavi la porta non si apre) e mi risponde che gliele hanno rubate la sera prima. Mi parla e quello che dice non ha senso. Mi sembra chiaramente in stato confusionale e io non so che fare per aiutarlo. Fa per aprire la sua porta di casa, ma è chiusa e così comincia a provare tutte le porte dei vicini. Io nel frattempo salgo a casa, e attraverso la porta lo sento salire e scendere e continuare a provare tutte le porte, nella speranza che qualcuna si apra. Non sapendo cosa fare, decido di chiamare la polizia: gli spiego che il mio vicino anziano è in stato confusionale e che si è chiuso fuori casa. Nel giro di mezz’ora due macchine e una decina di agenti si aggirano per il palazzo. Per fortuna Berry non si è allontanato, e per le successive due ore gli agenti stanno con lui, fino all’arrivo del fabbro che riesce a farlo rientrare in casa. Mezz’ora dopo me lo ritrovo di nuovo che fa su e giù per le scale, provando ad aprire tutte le porte… Continue reading “In Via dei Matti numero zero 1.0”

Il più grande spettacolo

È la prima settimana di febbraio. La neve scende copiosa sulla Pianura Padana. Un piccolo corteo di macchine accompagna la mia famiglia da Milano a Cremona. I bauli carichi di vestiti eleganti, camice stirate, scarpe tirate a lucido, e tanti fazzoletti. Quando a sposarsi è il proprio figlio o fratello, la probabilità di lacrime è alta. Nonostante la neve, arriviamo a Cremona senza intoppi, salvo trovare la città sommersa e i mezzi pesanti del comune al lavoro per rendere almeno il centro agibile. Ospiti della città per una notte, ci perdiamo tra le viuzze del centro, ci innamoriamo del suo bellissimo Duomo, e ammiriamo il Torrazzo dalla camera del nostro hotel. Questa è l’ultima serata da single del mio fratellone, e scegliamo di festeggiarla con un’ultima cena degna di questo nome con i parenti più stretti.

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La notte passa tranquilla almeno per noi, ma l’indomani inizia caotico. Una veloce colazione solo fra noi 5 è il modo ideale per cominciare una giornata così importante. Oggi il mio splendido fratello convola a nozze con un’altrettanto splendida ragazza, e io non potrei essere più felice. È il primo matrimonio della nostra famiglia più immediata. Il primo che mi vede in qualità di testimone. Quello più importante a cui sono stata fino adesso.

Che non è cominciato con il migliore degli auspici. Chiesa inagibile, prete ammalato, pioggia e neve, autostrada chiusa, piazzale da spalare. Poveri! Fosse capitato a qualcun altro, sarebbero andati nel panico più totale… Mentre loro, stoici, calmi, fedeli e pacati, hanno preso tutto con filosofia. Ed è venuto fuori un matrimonio splendido!

Perché quando c’è così tanto amore, così tanta bontà d’animo, così tanta fede, e così tanta gioia, il matrimonio non può che essere una grande festa. O un grande circo, come in questo caso. Tra contorsionisti, lanciatori di coltelli, mangiafuoco e indovini, questo amore così puro è stato festeggiato come il più grande, il migliore spettacolo (dopo il Big Bang)!

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Il peso della memoria

Facevo le medie quando ho sentito per la prima volta parlare di Auschwitz, di ebrei e di campi di concentramento. Non so se prima di allora qualcuno me ne avesse parlato, ma se anche fosse, dubito che sarei stata in grado di capire, capire veramente, la portata di quella tragedia. Perché finché le parole rimangono solo parole, finché una notizia la si legge sui libri di storia o sui giornali, è difficile che ti entri sotto la pelle e ti colpisca al cuore. Forse perché certe tragedie sono troppo grandi per essere capite solo con la mente. Forse bisogna toccarle con mano. Continue reading “Il peso della memoria”

Il primo amore non si scorda mai

Si chiamava Marco (il primo di vari Marco nella mia vita), sicialiano. 13 anni io e 17 lui quando ci siamo conosciuti in Sardegna. Tanta esperienza lui, alle prime armi io. La prima di varie relazioni della mia vita destinate a fallire. Nessuno avrebbe scommesso su di noi. Una coppia così improbabile. Continue reading “Il primo amore non si scorda mai”

Bye bye 2014… Benvenuto 2015!

Questo 2014 è stato un anno di transizione e di attesa.

È stato l’anno dell’arrivo del nostro Bailey, che con il suo musino dolce e la sua buffa personalità, ha radicalmente cambiato la nostra quotidianità e il nostro equilibrio. Non più solo coppia, abbiamo un altro esserino a cui pensare! Ma i piccoli sacrifici di ogni giorno non sono niente a confronto della felicità e della compagnia che Bailey ci regala! Continue reading “Bye bye 2014… Benvenuto 2015!”

Brividi

Quando newyorkesi e turisti scappavano dopo l’attacco alla prima torre gemella; quando prima una e poi l’altra torre crollavano; quando centinaia di persone venivano avviluppate dalla nuvola di polvere… io ero incollata alla televisione. Con il cuore in gola e la pelle d’oca. Così come dopo gli attentati di Londra e Madrid, il terremoto all’Aquila, lo tsunami nell’Oceano Indiano, la strage di Oslo e tante altre tragedie degli ultimi 15 anni, ho seguito le notizie con quel senso di angoscia e impotenza che si prova davanti a qualcosa talmente grande e tragico che è totalmente al di fuori del proprio controllo. Continue reading “Brividi”

Sydney and the bush

Non è una cosa che si può notare durante una vacanza o un breve soggiorno in Australia. Ma se si riesce a passare un po’ di tempo quaggiù, si comincia a notare ogni stato e città abbia i suoi stereotipi. Adelaide è noiosa, Melbourne è hipster, Darwin è redneck (cafona, contadina). E Sydney? Sydney è la capitale ufficiosa del paese. Sydney è er mejo. Sydney è il cuore dell’Australia. O per lo meno, questo è quello che pensano i Sydneysiders. Un po’ come i miei compagni di high school americani, i nativi di Sydney sono convinti che fuori dalla città non ci sia niente che valga la pena menzionare, né tanto meno visitare. Non per niente hanno coniato il detto “Sydney and the bush”. (*) Continue reading “Sydney and the bush”