Molto prima dell’Australia, e prima ancora della Francia, c’è stata l’America. Come forse saprete, la mia prima grande fuga all’estero é avvenuta tramite uno scambio scolastico, quando avevo 16 anni. Grazie all’associazione no-profit AFS/Intercultura, ho potuto frequentare la 4 liceo in una High School Americana, a Seattle, nello stato di Washington. Scopo di quest’esperienza con quest’organizzazione non era e non è solamente imparare la lingua, ma entrare nel vivo di culture diverse; conoscere la storia moderna come i ragazzi francesi, la fisica come gli studenti cinesi, l’arte che viene insegnata nelle scuole russe o finlandesi, la geografia in Australia, le scienze naturali in Tailandia…
Con AFS-Intercultura non basta voler partire per poter salire su un aereo. Ci sono test e selezioni da superare, colloqui individuali e visite in famiglia: bisogna, insomma, non solo dimostrare di voler veramente fare quest’esperienza, ma anche di essere estremamente meritevoli di tale opportunità. Ma nonostante AFS selezioni solo gli studenti in grado di ‘nuotare’ in un mare più vasto di quello famigliare, studi la collocazione nella famiglia ospitante e nella scuola pubblica, prepari a vivere con animo aperto l’esperienza che si farà, affianchi lo studente, al ritorno, nel recuperare il passo con la famiglia, gli amici, la scuola di origine… ciò non toglie che lo shock culturale possa essere forte.
Vivere in una famiglia locale non é semplice: noi giovani italiani cresciamo nella bambagia, coccolati e viziati dai nostri genitori, e non appena mettiamo piede oltralpe scopriamo un mondo fatto di ragazzi indipendenti ed emancipati. E cosí ci si deve adattare e non importa quale sia il paese di destinazione: dal sud America all’Egitto, dall’India alla Polonia, i ragazzi devono trovare dentro di sé la forza di adattarsi, di comprendere e di accettare le nuove regole e abitudini delle famiglie in cui vivono. E questo fa necessariamente crescere. Il problema non è diventare adulti: tutti ci riescono. La sfida è diventare uomini e donne. C’è chi cresce rimanendo attaccato alla visione del mondo che gli hanno trasmesso la famiglia, la scuola, i giornali, gli amici: la ritiene l’unica buona e la difende con aggressività. C’è chi cerca di guardare il mondo negli occhi: trova sicurezza nel confrontarsi con stili di vita e di pensiero diversi, é a suo agio di fronte a chiunque, in ogni situazione. Diventerà adulto; certamente è già un uomo.
La mia esperienza negli Stati Uniti é stata semplicemente formidabile: abitavo in una cittadina che sembrava uscita da un libro di fiabe, con tanto di orsetti lavatori e cerbiatti nel giardino sul retro; in una tipica famiglia americana che mi ha accolta come una figlia e una sorella, e ancora oggi mi fa sentire tale; e frequentavo l’ultimo anno della High School locale, il che mi ha permesso di partecipare ai vari balli della scuola, soprattutto al Prom, che é il ballo di fine anno riservato agli studenti dell’ultimo anno, e alla cerimonia dei diplomi. Non avrei potuto chiedere di meglio, e, ad oggi, non cambierei una sola virgola di quell’anno così fantastico…
Negli Stati Uniti ho scoperto di essere cool, di essere stata inclusa automaticamente nella cerchia dei “fighi” della scuola, e questo solo perché ero italiana e facevo sport. Proprio lo sport in America è una forte componente della vita sociale dei ragazzi, e io non mi sono lasciata scappare la possibilità di praticare il mio sport (pallavolo), ma anche di provarne di nuovi (basket e softball) pur di rimanere in quel ambiente così bello e accogliente. A livello scolastico poi ho accumulato successi su successi, e l’anno in America è stato di sicuro il mio anno migliore di tutta la mia carriera scolastica. Ma con questo non voglio dire che la scuola americana è più facile di quella italiana, perché basata su un sistema diverso: specialmente per gli exchange students c’è molta libertà, e si possono scegliere sia le materie da studiare, che il livello di queste. Insomma, sta a te scegliere quanta fatica fare! Sicuramente è stato un bel cambiamento dal nostro rigido sistema italiano.
Con tutto questo ovviamente non voglio insinuare che siano state tutte rose e fiori…. Per quanto fossi preparata all’esperienza, dopo anni di sit-com e programmi ambientati nei licei americani, lo shock culturale mi ha presa comunque alla sprovvista. E’ proprio quando di un paese pensi di sapere tutto, che scopri di non conoscere nulla. E cosí l’esperienza é molto piú bella, perché ogni giorno porta con sé nuove scoperte, nuove difficoltá ma anche nuovi successi.
L’impatto che questa esperienza ha avuto sulla mia vita é stato devastante: da aspirante medico che sono partita, sono finita poi a iscrivermi alla facoltá di Scienze Politiche, corso di laurea in “Scienze Internazionali e Istituzioni Europee”. Ed é stato proprio grazie a quest’esperienza che é nata in me la voglia di viaggiare e vivere all’estero, per scoprire e conoscere paesi nuovi, e nuovi aspetti di me stessa. E dove questa strada mi ha portata, è una storia che conoscete tutti.
Last Updated on 26/07/2021 by Diario dal Mondo
Anche io ho fatto la tua stessa esperienza in 4 liceo, ma nello stato di New York! E’ stato fantastico… nonostante qualche shock culturale!
Ma dai? Con quale organizzazione? Eri in città o in un paesino?
ciao
sono la mamma di un’aspirante excenger, tu hai raccontato brevemente ma con chiarezza della tua avventura ma io vorrei sapere come hai affrontato il 5° anno di scuola in italia, ovvero so delle difficoltà a rientrare nelle abitudini familiari ed anche nel pensiero e nella lingua italiana, tutto aggiustabile in poco tempo ma invece x l’esame di stato, il diploma, come è stato?
Buongiorno Giulia,
innanzitutto grazie per aver letto la mia storia e avermi scritto. Le sue paure riguardo al rientro a scuola di suo/a figlio/a sono comuni a tante mamme, ma mi lasci dire che quello che si impara all’estero vale tutta la fatica del recupero di un anno mancato. Il programma si può recuperare ma l’esperienza di vita che si fa vivendo all’estero non si può sostituire. Detto questo, il processo di rientro è a discrezione della scuola e del consiglio di classe, e ovviamente dipende anche dalla preparazione e dall’attitudine del ragazzo. Solitamente i ragazzi devono sostenere, al rientro (il che può essere a settembre prima dell’inizio della scuola o durante il primo quadrimestre) a scuola, un esame sulle materie che non hanno studiato all’estero, per determinare quanti crediti avere per l’anno all’estero. Ovviamente sta al ragazzo farsi furbo e cercare di fare all’estero quante più materie possibili del programma italiano per ridurre il numero di materie da preparare al rientro, anche se ovviamente dovrebbero anche approfittare di materie diverse e locali che la scuola estera offre. Personalmente non ho trovato grande difficoltà nel rientro a scuola, a parte in latino che proprio non sono riuscita a recuperare e mi sono diplomata con un ottimo voto!
Se ha ulteriori domande, non esiti a scrivermi di nuovo!