Chi mi conosce lo sa: sono una testa dura e quando mi fisso di fare qualcosa, è difficile che cambi idea. Ovviamente, anche la gravidanza non è stata da meno, e, oltre al fatto di volere una gestazione quanto più naturale e non medicalizzata possibile, l’altra mia priorità era quella di riuscire a lavorare fino alla data presunta del parto.
Come avevo già raccontato qui, per ottenere questa “concessione” avevo dovuto faticare non poco, nonostante fosse un mio diritto assoluto andare in maternità quando avessi voluto. Perché se, da una parte, effettivamente nessuno poteva costringermi a stare a casa settimane prima del parto, dall’altro mi sono sempre sentita giudicata male da colleghi, conoscenti, sconosciuti e, tristemente, a volte anche dalla mia stessa famiglia.
Per fortuna non sono una che si lascia scoraggiare facilmente e, forte delle mie convinzioni che mi hanno portato a prendere questa scelta, sono riuscita a tenere testa a chiunque volesse farmi dubitare della mia decisione. E, dopo essere riuscita effettivamente a lavorare fino al giorno che mi ero fissata, eccovi quelli che secondo me sono i 10 vantaggi del lavorare fino alla data del parto.
1.Il tempo passa molto più velocemente: la maggior parte delle mamme in attesa che conosco hanno scelto di andare in congedo 8, 6, 4 settimane prima della data presunta del parto e in queste settimane a casa alla fine si annoiano da morire. D’altronde si sa: il tempo sembra non passare mai quando si aspetta qualcosa di importante! Andando al lavoro ogni giorno, e mantenendomi così occupata giorno dopo giorno per almeno 8 ore al giorno, i giorni e le settimane sono decisamente passati molto più velocemente.
2.Ci si riposa di più: sembra assurdo, ma nei weekend o quando sono stata a casa alla fine ho fatto di più di quello che facevo in ufficio, dove stavo essenzialmente seduta tutto il giorno, e così mi stancavo di più stando a casa perché non riescivo a stare con le mani in mano. Personalmente poi, se dovessi passare tutta la mia giornata a letto o sul divano, finirei per non dormire la notte, col risultato che il giorno dopo sarei ancora più stanca.
3.Si sta più in forma: almeno nel mio caso è stato così! Il fatto di dover andare al lavoro, dover camminare per prendere i mezzi e poi in pausa pranzo, mi ha sicuramente permesso di rimanere più in forma di come altrimenti sarei stata se avessi passato settimane e settimane spalmata sul divano a mangiare per passare il tempo. E infatti, sono quasi riuscita a prendere più peso nell’ultima settimana di gravidanza (che ho passato a casa perché il mio bimbo era in ritardo) che nell’ultimo mese che ho passato al lavoro!
4.Non ci si isola: spesso durante la gravidanza e poi dopo durante la maternità, la vita sociale della mamma in attesa/neomamma si riduce. Vuoi perché è difficile uscire e fare varie attività con il pancione o un neonato, vuoi perché la stanchezza perenne complica uscite serali, vuoi perché tutti i tuoi amici lavorano durante il giorno, spesso questi mesi pre e post nascita sono conditi da isolamento e solitudine. Andando al lavoro si è per forza di cose circondati da persone con cui interagire giornalmente, e questo non può che giovare alla salute mentale della mamma in attesa.
5.Sensazione di benessere e serenità: quello della gravidanza è un periodo della vita particolare, questo sì, ma la futura mamma non è una creatura fragile e vulnerabile e l’attesa non è di per sé una condizione di rischio. La donna che continua a lavorare e a condurre una vita “normale” non rischia di vivere la gravidanza come una malattia, si sente bene e si dedica alle attività consuete, a tutto vantaggio della sua serenità.
Continuare a lavorare fino al termine della gestazione, se non ci sono problemi particolari, non rappresenta assolutamente un rischio – sostiene Trojano (vice presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia)
6.Si è più organizzati: la maggior parte delle mamme in attesa che conosco – di cui praticamente tutte sono andate in congedo uno o due mesi prima della DPP – hanno delegato moltissime faccende e compiti al periodo in cui sarebbero state a casa in congedo. Personalmente ho notato che, facendo così, queste settimane a casa che sarebbero dovute essere di riposo, si sono trasformate in una maratona per finire tutto in tempo, col risultato finale di stancare e stressare la mamma in attesa ancora di più. Senza ovviamente dimenticare la possibilità che il bambino arrivasse prima… in qual caso la futura madre si è trovata con un bebè in arrivo imminente e una lista ancora lunga di cose da fare! Non avendo che i weekend e le sere per fare tutto invece, io mi sono ritrovata a giocare d’anticipo e ha finire tutto quello che avevo nella mia to-do-list con abbondante anticipo.
7.Più soldi per il dopo: come avevo già spiegato qui, per noi la scelta di lavorare fino all’ultimo è stata dettata soprattutto da necessità finanziarie. Mettere da parte settimane di congedo pagato da usare dopo la nascita di un figlio significa poter passare queste settimane col bimbo invece che doverlo mandare al nido o da una baby sitter. E visto che in Australia questi servizi hanno costi assurdi, non è una scelta da poco. Avessi avuto la famiglia vicino che si sarebbe presa cura di mio figlio al momento di rientrare al lavoro, forse avrei fatto una scelta diversa.
8.Più tempo da passare con il nascituro: sulla stessa scia del punto prima, ho preferito lavorare 8, 6, 4 settimane in più prima dell’arrivo del mio bambino – settimane in cui dovevo pensare solo a me stessa – e passare queste settimane con il mio bimbo dopo, invece che doverlo mandare al nido un mese o due in anticipo.
9.Continuità lavorativa: per me personalmente, e per molte altre donne lavoratrici, è un piacere e uno stimolo positivo lavorare, adempiere ai propri impegni lavorativi, portare avanti un progetto, continuare a impegnarsi e a seguirne gli sviluppi fino all’ultimo momento possibile. Questa continuità mi ha permesso di organizzare il lavoro per il dopo, perché l’attività prosegua al meglio anche durante la mia assenza.
10.Libertà di scelta: per mesi, giorno dopo giorno, mi sono trovata a difendere e giustificare la mia scelta di voler lavorare fino all’ultimo. Una scelta che comunque rimane mia e di mio marito soltanto. Aver il controllo della situazione, poter decidere fino a quando lavorare, per me è stata una grande libertà e non mi sono mai sentita in colpa nei confronti del mio futuro nascituro per aver scelto di lavorare fino alla 40° settimana.
Questi sono stati i 10 motivi principali per cui ho scelto di lavorare fino alla mia data presunta del parto, motivi sicuramente personali che in molte non condividerete. Ma è quello che ha funzionato per noi, per arrivare alla nascita del nostro primo figlio con serenità e poter guardare al futuro della nostra famiglia di 3 senza eccessive preoccupazioni.
E ora mi piacerebbe sapere quali sono state le vostre ragioni per non andare in maternità con largo anticipo, se anche voi avete preso questa decisione!
Last Updated on 30/04/2024 by Diario dal Mondo
Ho lavorato come wedding planner anche con il pancione, trasportando pacchi, scatoli e scatoloni. Ho guidato fino alla mattina prima del parto, con il disappunto di molti, i quali ancora considerano la gravidanza una specie di malattia invalidante. Viva le mamme sprint come noi!
Ben detto! Basta col pensare che solo perché si è incinte bisogna stare a letto come invalide per 9 mesi! Sarebbe ora di cominciare a viverla come una fase naturale della vita di una donna invece.
Io ho avuto due gravidanze in cui volevi lavorare fino al nono mese ma in entrambi i casi per sfortuna o lavoro non ho potuto lavorare fino all’ultimo.
Per la prima mi hanno obbligato aziendalmente a andare in maternità 8 settimane prima con la scusa che nasceva in estate e per la seconda per un a condizione astrale strana il mio contratto era scaduto e non mi hanno più rinnovato
Che peccato! Spero comunque tu sia riuscita a goderti la gravidanza prima maternità dopo!
Fortunatamente ora c’è questa possibilità di scelta! 19 anni fa, quando ho avuto mia figlia, potevi lavorare al massimo un mese in più, ma raramente veniva concesso. Così per evitare due mesi di noia sul divano, mi sono organizzata con corsi di nuoto, massaggi. Ma avrei lavorato volentieri qualche settimana in più.
In Italia penso che la maggior parte delle mamme siano ancora reticenti all’idea di lavorare fino all’ultimo ma speriamo che le cose cambino
Purtroppo non ho avuto la fortuna di andare in maternità, ma condivido il tuo pensiero e sono d’accordo con te. Potendo farlo, sceglierei anche io di lavorare il più possibile e magari godermi più tempo in seguito col mio piccolo.
Non la trovo affatto una scelta sbagliata e poi, si parta sempre dal presupposto che ognuna di noi sa cosa è meglio per se stessa. Il resto passa in secondo piano 😉
Grazie per il supporto, purtroppo non ho ricevuto lo stesso supporto qui!