L’albero di Natale tutto addobbato. Martin Place deserta. Il simbolo della Lindt. Il silenzio irreale di quel lunedì mattina. Il cordone della polizia. Le immagini in diretta su tutte le reti. I volti sconvolti degli ostaggi alle finestre. Il sollievo per i pochi che sono riusciti a scappare. La rabbia che cresce con il passare delle ore. Il sollievo di sapere che l’Avvocato, per quanto vicino, fosse al sicuro. La preoccupazione per gli ostaggi che cresce col calare del sole. L’ora di punta innaturalmente silenziosa. Le notizie che da ore non dicono niente di nuovo. L’andare a letto sapendo che per quelle 18 persone sarà una notta che non dimenticheranno. Lo svegliarmi e realizzare che finalmente l’assedio è finito. Il dolore nello scoprire che 2 ostaggi non vedranno mai la luce dell’alba. La solidarietà di un’intera città. Un mare di fiori e di affetto che per giorni colorano Martin Place. #Illridewithyou per non discriminare e non generalizzare. Una città che non dimentica e un Natale più sobrio per tutti.
È passato un anno da quella terribile mattina di quel 15 dicembre in cui Sydney ha conosciuto tutto il male del mondo. Sydney, la mia Sydney, che neanche la lontananza e l’isolamento sono riusciti a proteggere dalla follia umana. Non sembra davvero sia passato un anno, eppure è così. In questo anno di cose ne sono successe, la malvagità umana si è spostata altrove, altre città piangono le proprie vittime, e Sydney è tornata a essere la splendida città di prima. Eppure quel che è successo un anno fa la città non l’ha dimenticato. Quel mare di solidarietà e di affetto rimarrà per sempre impresso nei pannelli al centro di Martin Place. Il ricordo di quelle due vittime innocenti non vivrà solo nella memorie dei loro cari, ma anche in due placche sul muro di quel locale dove hanno trovato la morte.
Qualche settimana fa sono andata alla Lindt per un caffè con un’amica. Quello stesso cafè dell’assedio, quello stesso cafè dove 18 persone sono state tenute in ostaggio per 17 ore, quello stesso cafè dove 3 persone hanno perso la vita. Da quando l’hanno riaperto a fine marzo ci sono entrata una volta sola, spinta da una curiosità morbosa, ma non ce l’avevo fatta a sedermi. Invece qualche settimana fa mi sono fatta coraggio e ho deciso di portare proprio lì la mia amica. Lei, arrivata solo da pochi mesi in Australia, e del tutto ignara di quello che è successo tra quelle quattro mura. Arrivo prima di lei, entro e mi accomodo a uno dei tavolini sotto le finestre – proprio quelle finestre su cui Monis costrinse gli ostaggi a tenere una bandiera islamica appesa per ore e ore.
Mi siedo con il cuore che mi batte in gola, mi guardo intorno e vedo lui. Joel. Uno dei 18 ostaggi di quel giorno, uno dei più giovani presenti, uno degli ultimi a scappare prima della fine dell’intervento della polizia. La sua faccia alla finestra, la sua fuga disperata, la sua intervista toccante… Lo riconoscerei tra mille, e a vederlo servire i tavoli tranquillo, in quello stesso cafè dove ha vissuto un’esperienza terribile e dove il suo amico-manager ha trovato la morte, mi si stringe il cuore. Penso che io ho paura e sono in ansia a stare in quel locale. E poi penso che io proprio non ho nessun diritto di avere paura. Se lui, a soli 21 anni, dopo la tragedia che ha vissuto, riesce a tornare in quel locale a lavorare ogni giorno; se lui dopo aver visto un cliente trasformarsi in un sequestratore, riesce ancora ad essere cortese e gentile, e a sorridere ai clienti; allora io devo solo vergognarmi del mio timore.
So che la paura e l’ansia sono sentimenti normali all’indomani di una tragedia, ma mentre sorseggio la mia mocha guardo in faccia questo giovane uomo, e penso che, nonostante tutto il male di questo mondo, alla fine il coraggio e il bene trionfano sempre. Invece di tenersi lontano da questo posto di morte, invece che lasciare un lavoro che amava, invece che evitare di guardare in faccia quello che gli è successo, Joel e i clienti che ogni giorno entrano nella Lindt (così come tutti i lavoratori che ogni giorno prendono la metro o l’aereo, o che vanno a vedere una partita di calcio o un concerto, nonostante gli attentati che hanno colpito questi luoghi) hanno deciso di optare per il coraggio. Il coraggio di decidere che la vita va avanti lo stesso, che il male non può prevalere sul bene, e che il presente e il futuro di noi tutti non può e non deve essere condizionato dalla paura del passato.
Grazie Joel, perchè la tua presenza tra i tavoli della Lindt è un grande esempio di coraggio e una grande lezione di vita, per me, per Sydney e per tutti voi.
ps. Joel era sul posto di lavoro anche oggi 15 dicembre, nell’anniversario dell’attacco!
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Questa sera dalle 20.15 si terrà una cerimonia di commemorazione per le vittime e i sopravissuti in Martin Place. Al termine della cerimonia, giochi di luci proiettati illumineranno il palazzo della Lindt per 5 notti.
Per commemorare l’anniversario, la biblioteca del NSW ospita una mostra gratuita intitolata “Field of Flowers: Tributes from the Martin Place siege” fino al 17 gennaio 2016.
Last Updated on 15/07/2021 by Diario dal Mondo
Bellissimo post.
Il coraggio di certe persone sono da stimolo, danno conforto e aiutano ad andare avanti, nonostante tutto.
Non posso che essere d’accordo con te! xx
Ho dormito male tutta la notte, era già da ieri che pensavo a questa ricorrenza e alla giornata surreale che è stata. Hai scritto un post molto bello e toccante, ti ringrazio.
Anche io ci pensavo da giorni. Oggi sono tornata in quei luoghi ed è stato davvero surreale pensare a cosa succedeva nelle stesse ore un anno fa!