Certe volte basta un odore per farti tornare in mente ricordi lontani, immagini sbiadite ed eventi dimenticati. Nel mio caso sono due odori, complementari e simili – quello di una particolare siepe e quello degli aghi di pino caduti – che mi portano immediatamente indietro a tutti le estati passate in campeggio sul lago di Garda.
Da prima che nascessi la mia famiglia d’estate prendeva la roulotte e se ne andava a passare le vacanze in riva al lago, da dove viene il ramo paterno della mia famiglia. Da quando mi ricordo, le mie estati erano passate al Camping Lido, sulla sponda orientale del Lago di Garda a pochi metri dal centro di Pacengo. Avevamo una roulotte che quando ero piccola mi sembrava un palazzo: con il suo tavolo e divanetti che di notte si trasformavano in un letto matrimoniale dove dormivano il mio big brother e mia nonna, il mio lettino sopra quello dei miei, il cucinino e il bagno che non potevamo mai usare, perché poi andava svuotato. Chiaramente poi avevamo anche una veranda, che negli anni è stata cambiata, con un piccolo televisorino in bianco e nero, e in un angolo tutto quello che una bambina potesse desiderare per giocare, tra quello che avevo portato da casa, e tutto l’occorrente per la spiaggia.
L’odore che mi scatena più di ogni altra cosa i ricordi degli anni di campeggio è quello della siepe (non saprei di che tipo si tratta, ma sicuramente una specie di sempreverde, tipo pino) che limitava a est il campeggio e che lo divideva da una villa. E proprio sotto quella siepe il mio gatto si nascondeva, quando riusciva a liberarsi dalla pettorina e guinzaglio (di velluto azzurro) con cui lo tenevamo legato al sicuro in veranda: non so come, ma ogni estate riusciva a liberarsi e andava sempre a nascondersi nello stesso punto, sotto quella siepe. Di solito noi avevamo una piazzola più o meno sempre in quella zona del camping, nei pressi della lunga strada che, costeggiando questa siepe, portava dalla cima del campeggio giù fino alla spiaggia. E su quella strada ho fatto le cadute più epiche della mia infanzia! Le mie ginocchia d’estate si riempivano di sbucciature e croste, che io amavo togliere, su cui presto sarei ricaduta, formando cicatrici su cicatrici. Mi ricordo di una volta, avrò avuto sì e no 6 o 7 anni, ed ero sulla strada vicino alla nostra piazzola: da lì, guardando verso il lago, ho visto mio papà arrivare e gli sono corsa incontro. Capirai, se corri a perdifiato in discesa, è molto probabile che prima o poi cadi, e infatti così successe. Ho fatto un capitombolo memorabile! Poco male, a quell’età – e a quell’epoca – noi bambini giocavamo sempre fuori, in cortile, al parco, in campeggio: era normale avere le ginocchia costantemente sbucciate e le mani graffiate. Se non tornavi a casa coperto di terra da cima a fondo, vuol dire che non ti eri divertito abbastanza!
Negli anni delle elementari (prima non ricordo e poi abbiamo smesso di andare in campeggio quando ci hanno rubato la roulotte sotto casa) tiravamo fuori la roulotte dalla cascina di famiglia ad Abbiategrasso ad aprile – a volte per Pasqua, a volte per il ponte del 25 e del 1° maggio – e dopo file interminabili in autostrada arrivavamo finalmente al campeggio, dove piazzavamo la nostra casetta portatile fino all’inizio della scuola a settembre. A giugno, non appena la scuola era finita, ci trasferivamo lì in pianta stabile, di solito con la nonna: il papà spesso non aveva più di 2 settimane di vacanza, e la mamma stava a casa a tenergli compagnia. Venivano su nei weekend, e poi ad agosto si fermavano con noi, la mamma tutto il mese e il papà quanto poteva. Era uno spasso stare in campeggio con la nonna! Una delle storie di famiglia – che la mamma ricorda chiaramente, ma che la nonna negherà fino alla morte – è di quando la nonna mi portava a fare una passeggiata, fino a una piantagione di pomodori, da cui poco dopo si alzava un fumo sospetto… Ora, mia nonna non ha mai ammesso di aver fumato in vita sua, né mai nessuno l’ha vista farlo, se non in quelle passeggiate con la nipotina sul lago di Garda! Una delle mie prime memorie legate al campeggio è la nonna che provava ad andare in bicicletta: ci sarà anche il detto che una volta imparato ad andare in bici, non lo si scorda più, e forse lei non aveva mai imparato veramente, fatto sta che quella volta è caduta! Non ricordo i dettagli, ma ho chiaramente impressa nella testa l’immagine di lei su una bici che prova a pedalare e poi finisce a terra. Il tutto era estremamente divertente per una bambina di pochi anni che aveva appena imparato ad andare in bici senza cadere! Ma la sua immagine che porterò sempre dentro è quella di lei in accappatoio o vestaglia, con il suo beauty case, che la mattina presto o nel tardo pomeriggio si recava ai bagni comunali per lavarsi…
Ah, i bagni in comune. Un’esperienza che chiunque dovrebbe fare prima o poi nella vita. Ogni mattina e ogni sera potevi vedere sbucare da ogni piazzola uomini, donne e bambini in asciugamano e beauty diretti ai bagni, e dopo ogni pasto apparivano donne a ogni angolo con una bacinella piena di piatti da lavare. Erano mesi duri: se ti scappava la pipì dovevi correre a più non posso dalla roulotte – o da qualsiasi altra parte del campeggio – verso i bagni; per lavarti i denti e i piedi – assolutamente indecenti dopo una giornata a correre scalzi tra la sabbia, l’erba e la polvere – prima di andare a dormire, dovevi rifarti tutto il tragitto, spesso in pigiama e già mezzi addormentati. E per le mamme e le nonne, era ancora più difficile: dovevano andare alla fontana a prendere l’acqua per cucinare, se quella nel lavandino del cucinino non bastava (penso che ci fosse una tanica collegata al rubinetto, che andava riempita periodicamente), e dovevano caricarsi piatti e padelle nel secchio per andarli a lavare a mano tre volte al giorno. Idem chiaramente per i vestiti: quando si stava in campeggio per più di 3 mesi di seguito, tutto andava lavato a mano nei lavatoi, che erano perennemente scivolosi e profumati di sapone. Erano mesi rustici!
A quei tempi chiaramente non c’erano telefonini e per i telefoni pubblici del campeggio c’era sempre una fila enorme. Ricordo che a volte si ricevevano chiamate tramite la direzione, e allora dagli altoparlanti del camping chiamavano il tuo nome, e dovevi mollare quello che stavi facendo e correre su alla reception a parlare con mamma e papà. E poi c’era il minimarket, con le sue fila di spumoni bianchi e rosa (oggi li chiamerebbero marshmallow, ma allora erano semplicemente gli spumoni) che la zia mi comprava ogni volta che ci veniva a trovare, e la voliera nella piazzetta (che sono stata enormemente felice di rivedere nel 2008, quando siamo tornati a visitare il campeggio dopo 10 e passa anni). A quell’epoca non c’era animazione né spettacoli: la sera si faceva una passeggiata sul lungo lago o nella piazzetta del campeggio e poi ci si ritirava in veranda a giocare a carte (in quegli anni ho imparato a giocare a scala 40 con mia madre) e a guardare quel poco di televisione che c’era. Si andava a letto presto e ci si svegliava quando faceva chiaro: erano mesi di semplicità!
Sicuramente noi bambini di allora non avevamo tutti i confort dei bambini di oggi, ci divertivamo con poco e passavamo il tempo inventandoci mille avventure all’aperto. Avevamo poco rispetto a quello che ha oggi la nuova generazione, ma avevamo tutto quello che potevamo desiderare ed eravamo felici.
Last Updated on 23/12/2020 by Diario dal Mondo
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Hai ragione Claudia, sono proprio bei ricordi che tuo fratello Marco non ha vissuto! Come diceva nonna Adriana: “E' nato il piccolo principe! I suoi fratelli con la roulotte, lui con la casa in montagna…” Povera nonnna: non poteva sapere che presto la vita sarebbe stata amara anche per il piccolo principe, com'era meglio stare in roulotte!
Come sempre sei bravissima a scrivere, un bacio! Mamma
sicuramente gli anni di campeggio sono stati unici per noi… lui e’ cresciuto in modo diverso… poi la vita ha fatto il suo corso, e su questo nessuno puo’ farci niente… comunque io scambierei la casa in montagna per la roulette senza neanche pensarci due volte…!